Mura Ciclopiche

Il loro nome deriva da leggende che ne attribuiscono la costruzione ai Ciclopi data la loro sovraumana imponenza
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La cinta urbana di Fondi è il monumento antico più caratteristico della città, che è in genere in opera poligonale assai accurata. In gran parte della murazione non vi è tendenza alla regolarità della disposizione dei blocchi in file orizzontali, ma nonostante ciò essa è accuratissima; le facce dei blocchi sono levigate, non vi sono tra blocco e blocco spazi riempiti con scheggioni di risulta.

Mura Ciclopiche

La cinta muraria di Fondi si è mantenuta sino ad oggi nei limiti antichi pur essendo stata, la città, più volte incendiata, abbandonata e restaurata fin dal Medioevo.
In età sillana si addivenne a una parziale ricostruzione di porte, torri e mura, come risulta da iscrizioni incorporate nelle mura stesse.
Nella sua costruzione si possono cogliere varie fasi che testimoniano i tempi e le varie conquiste della scienza edilizia.

Nella prima costruzione – le mura ciclopiche, di cui restano notevoli esempi lungo via degli Osci, dei Latini, la Portella – si può notare il primitivo insediamento diffuso e delimitato da mura formate da blocchi enormi, sovrapposti, senza malta e a scarpata, di una certa stabilità grazie all’enorme peso dei blocchi stessi.
Secondo alcuni queste mura risalirebbero all’800-700 a.C. In una seconda fase troviamo l’opus poligonale con blocchi di almeno 5 lati che si incastrano fra loro fino a formare un reticolato difficilmente attaccabile (es. via Marconi).

Anche in questo caso siamo in presenza di mura prive di malta. Questo tipo di costruzione fa supporre che essa possa risalire ad un’epoca anteriore al IV a. C.
La terza fase delle mura è determinata dall’introduzione della malta, che proveniva dal Medio Oriente e giunse in Italia verso il III secolo a.C.

Con la malta si ha una grande rivelazione in quanto con essa si potevano costruire, con piccoli blocchi lavorabili anche da un singolo costruttore, mura di enormi dimensioni molto più resistenti di quelle delle prime due fasi.
Con la malta non occorrevano blocchi ciclopici, con il conseguente impiego di molte braccia di artigiani e macchine di sollevamento.

Un singolo costruttore poteva procurarsi gli strumenti semplici e costruire edifici anche imponenti. Con la malta la tecnica edilizia raggiunse risultati che al tempo d’oggi sono stati superati solo dal cemento armato.
Questa terza fase è presente in tutta la sua bellezza nel lato est delle mura in viale Regina Margherita e via Giulia Gonzaga.

L’opus incertum e il reticulatum costituiscono la fase più evoluta; essi non hanno limiti di altezza o di larghezza; l’interno del muro è riempito con malta e scaglie della lavorazione dei blocchi ed è di eccezionale resistenza.